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Viaggio Nell’India Che Non C’è | Il Miraggio Dei Durbaan

La prima volta che ho sentito parlare dei Durbaan, si parlava di viaggi. Figlia del Carosello, ho subito pensato a un noto spot tutto sorrisi bianchi e splendenti. Invece chiaccherando con Michela Balboni, tornata dall’India, ho capito chi sono davvero. Ma prima devo fare un altro passo indietro.

Viaggiare come stile di vita

Il mio primo trolley l’ho fatto a 18 anni e ancora mi emoziono quando è ora di prepararmi a una nuova partenza. Cerco di viaggiare ogni volta che posso, e in realtà lo faccio spesso, ma mai quanto vorrei. Così, quando nella daily life incontro altri travellers veri (e non sono molti, in realtà) la considero una grande fortuna. Sì, perchè, con loro, parlare di viaggi è tutta questione di esperienze vere fatte in giro per il mondo, vissute e volute.  Michela Balboni fa parte di queste persone: l’ultimo suo viaggio l’ha fatto in India, oltre che essere una magnifica fotografa (e lo ammetto serenamente: quanto mi piacerebbe anche solo sfiorare il suo livello!).

Michela Balboni ad Agra, in India

Ci conosciamo poco, in realtà, ma condividiamo qualcosa di fondamentale. Mi riferisco alla passione per i viaggi in solitaria, certo, ma soprattutto alla ricerca comune dell’autenticità che ci unisce. Entrambe, viaggiando, la troviamo nelle persone che incontriamo. Poi, io la racconto attraverso le parole, lei attraverso l’obiettivo. Ed ecco qua cosa mi ha detto, tutto di un fiato..

I Durbaan non sono dentifrici

Durante i suoi 20 giorni in India, Michela ha incontrato i Durbaan e ha deciso di fotografarli per parlare di illusioni confezionate per il turismo di massa. E’ grazie a questo suo racconto che io ho smesso di pensare al dentifricio e mi sono immaginata con il trolley pronta a partire Di ritorno dal mio quarto viaggio in India, credo di poter dire che iI bello di questo Paese, più che nelle cose da vedere, sia nelle persone che si incontrano” comincia così e mi incuriosisce parecchio “Dopo un estenuante percorso in auto dall’aeroporto di Delhi, arrivata ad Agra, però, ho avuto una strana sensazione, come di essere approdata in una città fantasma. Strana impressione, se pensiamo che sto parlando del luogo che ospita una delle Sette Meraviglie del mondo, lo splendido Taj Mahal, accecante nello splendore dei suoi marmi bianchi, che emerge da lontano, come per magia tra una coltre spessa di smog.

L’india che c’è: streetlife

Sono salita a bordo di un tipico tuc-tuc giallo e ho percorso le sue strade trafficate e polverose. Immediatamente, sono stata attirata da alcuni  personaggi strani che sembravano sbarcati da un’epoca lontana e da un altro mondo. Se ne stavano lì in piedi, immobili nelle loro eleganti uniformi, con grandi baffi che coprivano per metà i loro visi. Mi hanno incuriosita e, allora, ho deciso di scoprire chi fossero.

Ritratto di un Durbaan, in India

Per trovarli, ho intrapreso un viaggio alla ricerca degli hotel più ricchi e patinati di Agra, perchè i Durbaan sono i guardiani dei grandi hotel di lusso, Eden fittizi in cui riecheggiano le perdute atmosfere dei grandi regni Indiani. Con il loro portamento regale, il maestoso turbante e la livrea splendente, incuranti di quanto il sole sia spietato, il compito di questi lavoratori solitari è evocare la grandezza e l’opulenza di un’India lontana, che in realtà non c’è più. E’ solo l’illusione dell’india.

L’India che non c’è

In realtà, Agra sembra non accorgersi della sua bellezza, regnano ovunque il disordine e il caos. Per lasciarseli alle spalle basta superare i cancelli delle lussuose strutture per i turisti. Lì, erano sempre i Durbaan i primi a darmi il benvenuto, pronti a salutarmi con il tradizionale Namaste, quasi come se sapessero già del mio arrivo e fossero li ad aspettare proprio me. Ed è quando ho deciso di iniziare a scattare i ritratti dei Durbaan che è iniziato il mio viaggio nell’India che non c’è, quella per i turisti di passaggio. Ad ogni tappa fotografica venivo accolta da enormi statue a forma di elefante, da leoni dorati, fontane, colonne, nell’aria un costante profumo di fiori ed incenso che mi faceva dimenticare gli effluvi di gas di scarico appena fuori dI lì.

Quasi personaggi fiabeschi, hanno il compito di aprire le portiere dell’auto e accogliere gli ospiti con le mani giunte, ma non sono possono intrattenersi con i clienti. Il loro è un lavoro solitario, che si svolge esclusivamente in piedi. Per farlo bisogna avere precise caratteristiche  fisiche, come l’altezza (almeno 180 cm) e folti baffi che i Durbaans curano scrupolosamente. Sono guardiani di una realtà per soli turisti a cui loro non possono accedere e di cui non potranno mai fare parte. Quella dei Durbaan e degli hotel a 5 stelle è un’India anacronistica, che non c’è più.

stazione in india

Dove cercare la vera India

L’India è un Paese complesso e per capirlo è necessario seguire il flusso degli eventi, salire sulla giostra e allacciarsi bene la cintura. Provare il cibo di strada è parte integrante e fondamentale del viaggio in India” continua Michela. “Mama’s Chicken è uno dei più conosciuti e affollati luoghi di Agra, ed è perfetto per trovare il vero street-food del posto, in piedi o take-away, quanto per osservare la vita dei locals. E’ una baracca dipinta di rosso, con altoparlanti che sparano musica hindi a tutto volume. Mentre una decina di ragazzi impasta Naane e frigge ali di pollo, fuoriescono senza sosta i fumi di cottura. Per poter fare la propria ordinazione, che viene scarabocchiata alla meglio su un foglietto unto e mandata in cucina tra urli e schiamazzi, bisogna sgomitare con decisione tra la folla.

Daily Life in India, ad Agra

Gli indiani sono curiosi, cercano sempre di stabilire un contatto con gli stranieri. Girando per strada, comunicare con loro  è molto più facile di quanto si possa pensare. Sono anche molto ospitali e capita spesso di essere invitati ai loro matrimoni o nelle loro case a bere una tazza di chai. Non preoccupatevi se non parlate hindi, basterà il linguaggio universale che unisce le persone per intendersi. Per imprinting culturale, però, gli indiani tendono ad evitare di negare. Ecco perchè la loro risposta più frequente a qualsiasi domanda è no problem Sir, sure Madame. Non illudetevi, però, non saprete mai se sono davvero d’accordo con voi: pur di non deludere le vostre aspettative, preferiscono mentire”. C’è un ultimo fondamentale consiglio che Michela mi dà, prima di salutarci: “Scuotere la testa in India non significa negazione, bensì il contrario”. Beh, un dettaglio non da poco per non ritrovarsi in spiacevoli misunderstanding!

Grazie, Michela, le foto e il tuo racconto di viaggio mi hanno emozionata davvero. Spero davvero di partire presto a scoprire l’india che hai conosciuto tu, quella che c’è.

E voi quale India scegliereste?

Questo articolo ha 6 commenti
  1. Foto straordinarie e molto interessante anche il post. Io ho una grande passione per l’India, non ci sono mai stata ma ho lavorato in un’azienda indiana qua in Italia e quindi l’ho conosciuta molto attraverso i suoi abitanti… Anch’essi, come la loro terra, pieni di contrasti.

  2. Non ho mai visitato l’India ma ne leggo spesso. Hai ragione quando parli dell’India che non c’è negli hotel sfarzosi e ricchi, la vera india sono gli occhi delle persone per strada che sono state fotografate con tanta passione! Ps: ma come la negazione con la testa non è negazione?

    1. sono d’accordo con te, Vittoria. Le immagini che ritraggono le persone on the road sono fantastiche! C’è un altro articolo sul blog dove puoi vedere altre bellissime foto di Michela, è l’intervista che le ho fatto quando l’ho conosciuta. Se ti interessa curiosare, parla di fotografia di viaggio. Pensa che alcuni reportage di Michela sono stati pubblicati, nel tempo, dal National Geographic e da Vogue, quindi non volevo lasciarmi sfuggire l’occasione di un’intervista per il blog…

      Ps sì, è così. Michela mi ha spiegato che il ciondolamento orizzontale del capo da sinistra a destra e viceversa è affermazione

  3. Come in tutte le culture se le vuoi vivere e scoprire non bisogna andare nei quartieri in ma nella strada,nei vicoli …lì trovi l’essenza di quella cultura!
    Foto stupende!

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